AVVOCATO TRUPIANO in NAPOLI
pagina a cura di Paolo Dorigo
www.avae-m.org edizione
pagina n.15 3-2-2010
http://www.listatrupiano.it/
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riprendiamo la pagina sulle vittorie e le battaglie dell'Avv.Trupiano una voce dissonante che tuona contro l'ingiustizia della mafia del potere
gennaio 2010 SCARCERATO CLAUDIO ALBERONI IN MALATTIA TERMINALE - POTRA' MORIRE AGLI ARRESTI DOMICILIARI http://www.paolodorigo.org/ClaudioAlberoni.htm
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SU FRANCESCO CATGIU
Dopo quasi 20 anni di carcere, per un delitto, peraltro mai commesso, l'anarchico Francesco Catgiu di Orgosolo, malatissimo, paraplegico ed affetto da acute crise claustrofobiche, chiedeva da tempo con insistenza una sola cosa: essere adibito all'area verde, si da poter respirare.
Catgiu all'interno del carcere di Secondigliano ha denunciato a più non posso morti, pestaggi ed angherie varie.
Risultato ?
Da 10 giorni è isolato in una cella che è esattamente la metà di quella già angusta che lo ospitava.
Lista Trupiano - Napoli
IL CASO *** (TESTO CENSURATO SU RICHIESTA EREDI VITTIMA)
CASO DI DIRITTO NEGATO e di RISCHIO GUANTANAMO
QUANDO L'ITALIA SI SUPINA ALLA "FORZA MAGGIORE" ?
ALTRO CHE NORMALE PERSECUZIONE, QUI SIAMO ALLA LEGITTIMAZIONE GIUDIZIARIA DEL NAZISMO IMPERIALISTA DI UN PAESE STRANIERO SU UNA MONTATURA TIPICA DA CASO VALPREDA E' DAL 2002 CHE L'AVVOCATO TRUPIANO ASSISTE AD ESCALATION NELLE PROVOCAZIONI A LUI ED AI SUOI ASSISTITI CHE REGOLARMENTE FALLISCONO. CHE C'E' DIETRO ?
NUOVA DOCUMENTAZIONE: il sonno della ragione genera un mostro chiamato sistema carcerario-torturatorio italiano in linea con il nazismo angloamericano
IL TRATTAMENTO DI TORTURA FISICA SU **** ASSOCIATO ALL'INTERNAMENTO AD ISERNIA, STRUTTURA NUOVA E NON PREVISTA DALL'O.P., DI "OSSERVAZIONE PSICHIATRICA" (NON POSSONO ESISTERE ALTRE STRUTTURE OLTRE AI 5 OPG E CIONONOSTANTE NE ESISTONO FORSE ANCHE OLTRE 10 ATTUALMENTE IN ITALIA DA LIVORNO A REBIBBIA, ISERNIA, POGGIOREALE, SOLLICCIANO ECC.), DIMOSTRA IL GRADO NAZISTA CUI E' GIUNTO IL SISTEMA FALSAMENTE DEMOCRATICO CHE CALPESTA COSTITUZIONE E VALORI DI RISPETTO DEI DIRITTI UMANI IN OGNI DOVE.
COMUNICATO
21-12-2005 SUL FALLIMENTO DELLA MONTATURA DIA-ROS CONTRO VITTORIO TRUPIANO ED
IL SUO IMPEGNO CONTRO LA MORTE DA CARCERE E LE FORME DI TORTURA ED ISOLAMENTO
CARCERARIE AGGIORNAMENTO
6-3-2006 sulla questione della montatura contro Vittorio Trupiano
INTERVENTI DI VITTORIO TRUPIANO SUL CASO DORIGO
Vai
a pagina CARCERE di www.paolodorigo.it (vi si parla anche di Secondigliano e
Poggioreale)
Vittorio Trupiano, nell’occasione con il collega Sergio Simpatico ed il consigliere comunale PRC di Spoleto, Enrico Briguori, nell’incatenamento ai cancelli del carcere di Spoleto nel novembre 2004, concordato con me, a sostegno della mia lotta contro la tortura del controllo mentale e contro la latitanza del Parlamento italiano ai richiami del Consiglio d’Europa ed alla sentenza della CEDU, che impongono all’Italia, la revisione del processo a mio carico.
Morto il detenuto
calabrese Mulè, anziano e malato, a Secondigliano (fine febbraio 2006), non è
il primo caso di incuria e insensibilità verso il male terminale, nelle
carceri. Per quale motivo si deve impedire ad una persona, dopo decenni di
carcere, di morire in un letto d’ospedale vicino ai propri cari
? La regola venne applicata anche
con molti compagni, ricordiamo Fabrizio Pelli a San Vittore, 1978.
URGE MOBILITAZIONE PER IL COMPAGNO MAURO ROSSETTI BUSA
- 15 gennaio 2006. IL COMPAGNO MAURO ROSSETTI BUSA HA BISOGNO DI SOLIDARIETA' E SI
TROVA IN GRAVISSIME CONDIZIONI DI SALUTE E MALATTIA CONCLAMATA SIEROPOSITIVA, A
POGGIOREALE -EIV
CASO GALASSO
e relativa documentazione fotografica delle condizioni di salute
gravissime; ult.agg. 20-1-2006
CASO LONZI ULTIMO AGGIORNAMENTO 14 GENNAIO 2006
CASO GIUSEPPE BARBARO detenuto
in condizioni gravissime di salute
NAPOLI 23-8-2005 –DIOP VIVE ! Solidarietà contro discriminazione etnica
CASO FRABETTI E SUICIDIO OLIVIERI LO SCIOPERO DELLA FAME DEL DETENUTO LAVORATORE PROLETARIO ALDO
FRABETTI, TUTTO FUOCHE’ MAFIOSO, HA PAGATO: E' STATO
LIBERATO il 30 NOVEMBRE 2005
CASO
OLIVIERI UN DELITTO ANNUNCIATO 21-7-2005, Spoleto, pena di
morte all’italiana (link corretto ora è un file htm)
IL CASO
CATGIU un compagno sardo in gravi
condizioni di salute che cerca di ottenere una revisione processuale che torna
male ai servizi deviati-fascisti
PRONUNCIAMENTI E DOCUMENTI PRECEDENTI SU CEDU
CASO TOTARO OTTENUTA LA SCARCERAZIONE
Pur non condividendo le liste elettorali, sostengo le idee e il lavoro che Vittorio Trupiano fa nelle carceri e nelle aule processuali, perché è un lavoro autenticamente coerente a chi lotta per una società senza galere. La lotta allo stato emergenziale si caratterizza nella persecuzione verso Vittorio Trupiano, in forma estremamente precisa e non casuale, centellesimata, credo con spinte che in qualche modo lo stato emrgenziale riesce a dare anche nella sinistra. Poi Vittorio come molte altre persone veraci ha il suo carattere e ognuno è libero di scegliersi l’avvocato che vuole, dal compagno che non ha mai soldi o tempo per venirti a trovare perché sei lontano, al principe del foro, al compagno partigiano bolscevico (come ama ricordare per la sua idea della rivoluzione del 1917) Emanuele Battain che mi difende a Venezia da 30 anni e che a volte ha anche avuto la pazienza e generosità di muoversi, tra Venezia, Biella e Spoleto. Vittorio sono quasi 3 anni che mi sta dietro ma non sono stati 3 anni lievi e neppure di poco impegno. E poi chi l’ha detto che ci sono avvocati che rappresentino le stesse idee dei prigionieri rivoluzionari ? E’ abbastanza difficile, storicamente parlando, sostenerlo. Tante e tanto diverse sono, solo a pensarci, le idee stesse dei prigionieri rivoluzionari, su molti aspetti, e da molto tempo, tanto tempo.
Vittorio Trupiano è un avvocato e un professore di diritto che, vivendo a Napoli, ha per un periodo della sua vita condiviso idee reazionarie; ma con la nuova emergenza di massa che ha colpito le masse del mezzogiorno, negli anni ’90 ha via via acquisito un senso critico verso questa società e verso il potere e i mezzi e sistemucci che lo stato emergenziale mette quotidianamente in campo. Questo lo ha portato ad essere impegnato, per un periodo anche con i radicali, contro l’articolo 41 bis, tanto da essere divenuto infine l’unico che portava avanti questa battaglia senza compromessi. Quando hanno iniziato a torturarmi subito dopo la mia dichiarazione di lotta e solidarietà del 12 maggio 2002 (anniversario di Giorgiana Masi), non avevo più un avvocato battagliero abbastanza da muoversi contro lo Stato emergenziale, ma lo trovai vivendo un mesetto a Sulmona nell’autunno 2002, allorquando detenuti EIV già sottoposti al 41 bis mi spiegarono che la battaglia che portavo avanti (per la revisione, contro 14 bis, 4 bis, 41 bis, provocazioni e torture, suicidi nelle carceri) era certo condivisibile da tutti i detenuti in 41 bis e da molti dell’EIV, e che l’avv.Trupiano forse avrebbe potuto difendermi gratuitamente condividendo il senso di questa battaglia. E così fu. Solo dopo un po’ di mesi, ed esattamente solo dopo che iniziai un lungo sciopero della fame contro le torture, subito dopo la trasmissione di LA 7 “stargate” su MK Ultra del 4-5-2003, cominciarono gli “attacchi” di gente in genere maleinformata od anonima, che se ne fregava di danneggiarmi, ed attaccava Vittorio come “fascista”. In carcere strippavo di questi stronzi, e li avrei strozzati, loro come tantissima gente che parla senza sapere, solo per amicizia verso qualcuno. Questo genere di giochetti fu contestuale alla montatura contro Vittorio, che scattò buttacaso proprio quando vennero smantellate le nuove br-pcc (autunno 2003), ma fortunatamente i ROS dei CC se la videro brutta perché il GIP scarcerò Vittorio molto presto. Di stronzatina in stronzatina hanno cercato di far allontanare dallo spirito di solidarietà Vittorio, ma non ci sono riusciti, ed io non ho dubbi che con questo Avvocato arriverò ben al di là di un pronunciamento favorevole formale della CEDU.
Ha uno
spirito battagliero come il mio, e si è avvicinato alla nostra ideologia. È una
persona che paga sul suo corpo e sulla sua vita le sue scelte. Non mollerà. E
non è per niente fascista. Fascisti sono i prepotenti che hanno una visione
autoritaria e borghese della vita e dell’impegno lavorativo, cosa che
moltissimi detenuti che possono giovarsi senza spese del suo impegno, sanno benissimo
non essere propria di Vittorio.
Paolo Dorigo, militante comunista prigioniero m-l-m, 23-7-2005
nessuna colpa, 15 anni scontati, 3
anni e passa di tortura, quasi 10 di controllo mentale, 4 carcerazioni, 6
ordini di cattura, 4 condanne, 5 assoluzioni da reato associativo (di tutti gli
imputati), montagne di denunce e rapporti disciplinari, decine di sanzioni, 3
pestaggi, 100 punti di sutura su ustioni di 2° e 3° grado, ferite di lotta, 32
anni di militanza comunista rivoluzionaria, una quindicina di sedute
inquisitorie, una ventina e passa di avvocati, saprò ben valutare se un
avvocato ha le palle o meno !!! Ah Vi sto cercando, quelli non in buona
fede (e sono sempre in attesa di sapere chi aveva male informato quelli della
Banda Bassotti tanto da fargli decantare il signor Dalla Longa e vari
sconosciuti alla lotta di classe come “compagni” persino dopo il processo in
una loro canzone !!!
io sono qui e sono dispiaciuto di
non avere i soldini e la libertà del cavaliere perché altrimenti di molta gente
non esisterebbe più nemmeno l’ombra in questo “paese” !!!
5-10-2005 Vittorio
Trupiano, Avvocato e soprattutto Uomo
|
linea rossa è un recapito telefonico sui cui segnalare tutti i
casi di violazione dei diritti umani. è attiva
24 h. al giorno ed è supportata da un team di legali in grado di intervenire
in tempi reali su tutto il territorio nazionale. contro ogni forma di abuso e di sopruso,
contattateci allo 339-7245521 e 347-4756639 saremo in grado di smistare la
telefonata ai nostri corrispondenti del luogo da cui chiamate. attualmente
siamo pienamente operativi in Campania, Liguria, Toscana ed Umbria. cogliamo
l'occasione per comunicare che Lista Trupiano e
Lista Anticarceraria per il Comunismo stanno per
presentare alcune importanti richiesti referendarie: - abrogazione dell'art.
41 O.P.; - abrogazione dell'art. 270
C.P.; -
abrogazione della Legge istitutrice dei manicomi giudiziari. potete, se già interessati alle tematiche,
mandare un vostra adesione a: info@listatrupiano.it in modo da ricevere nel dettaglio le tre proposte referendarie. a
questo indirizzo e.mail potere scrivere per gli
stessi motivi per i quali contatterete linea rossa. Saluti comunisti. M.
Guadagni-Responsabile Regionale per la Campania |
SUL CASO ROBERTO GUADAGNOLO UN ALTRO UOMO DA SALVARE DALLE GRINFIE
DEL SISTEMA DI ANNIENTAMENTO ITALIANO
Da una mail di Vittorio Trupiano 10-10-2005
Roberto
Guadagnolo stava nel carcere dove è stato massacrato Lonzi.
Guadagnolo
fece condannare 7 agenti di custodia tutti di Livorno
per il pestaggio che ebbe.
Guadagnolo
ha accumulato oltre 20 anni di carcere per aggressione a pubblico ufficiale
(guardie di custodia), dei quali oltre sette in manicomio giudiziario, nudo
come un verme, legato ad un letto di contenzione.
Non
credo ci sia bisogno di ulteriori commenti su come viene ridotto un
detenuto "reo" di aver fatto condannare i suoi aguzzini.
Lo hanno
fatto impazzire.
Del suo
pestaggio alle Sughere c'è traccia su Internet e sui maggiori quotidiani
nazionali, che pure pubblicarono la condanna delle guardie (p.m. Profeta).
Pensa
che la squadraccia, pur di castigarlo, chiuse in una cella l'ispettore che si era
opposto al suo linciaggio.
Solo che
dopo è andato a finire nel dimenticato ed il sistema si è vendicato proprio
grazie al silenzio "del dopo".
Chi, sto
parlando di me, cerca di difendere i diritti umani non può far
passare inosservate certe infamità.
Vittorio
Roberto e’ a Bologna CC Dozza
Via del Gomito, 2
40127 – Bologna
DA UN TESTO DI ROBERTO GUADAGNOLO DEL 1999 da Filarmonici
Quattro anni in clima di guerra
di Roberto Guadagnuolo
Lettera a Giuliano Capecchi di Liberarsi (dalla necessità del carcere),
settembre 1999
Gentilissimo
Giuliano, ho ricevuto oggi la tua graditissima lettera e in un momento
veramente difficile per il sottoscritto. Sono quasi 4
anni che sono sotto, e come forse saprai, vissuti in un clima di guerra.
Spero che la mia umile penna possa trasmettere a te e
nel caso fosse pubblicata su "Liberarsi", ai lettori, le mie
vicissitudini, o meglio le indicibili sofferenze che mi hanno procurato i
secondini. Ho incominciato l'espiazione della mia pena nel tristemente famoso
carcere di Sollicciano. Lì sono incominciati i miei primi problemi. Un giorno
mi chiama il medico di reparto, … e mi
dice: "Lei,
Guadagnuolo, a visita medica da me non viene più; quando si sente male, chiami
il medico di guardia". Io di rimando gli dissi: "Scusi,
dottore per quale motivo?" e lui: "Guadagnuolo, non mi faccia
ripetere le cose; se ne vada o la faccio prendere a calci nel culo". Non
ci ho pensato due volte: mi sono levato una ciabatta e gliel'ho tirata nel
muso; poi gli ho dato una spinta. Sono arrivate le guardie e anche lì è volato
qualche schiaffo di troppo. Sta di fatto che il giorno dopo ero partente per
Livorno. Arrivato alle Sughere, mi si avvicina un brigadiere e mi dice:
"Qui non siamo a Sollicciano, qua ti si spacca le ossa". Pensai tra
me e me: s'incomincia bene ...
I primi giorni passarono tranquilli, poi anche lì i
soliti problemi.
Un pomeriggio ero in cella a leggere. Sento bussare
con le chiavi al cancello e mi vedo la guardia che con accento sardo mi dice:
"Guadagnuolo, stai disturbando la sezione, abbassa il volume".
Stupito per il fatto che la televisione era spenta,
gli risposi: "Guardi, agente, sarà il televisore di un'altra cella. In
questa, la mia è spenta". Lui si alterò e mi disse: "Lei sta marcando
male, Guadagnuolo, ti farò piangere". Essendo un impulsivo per natura, mi
alzai di scatto dal letto e cercai di tirargli uno schiaffo dalle sbarre, ma
non lo presi. Il giorno dopo mi chiamò l'ispettore Spalletta che devo dire era
una brava: persona e mi comunica che l'agente mi aveva denunciato. Parlai con
lui a lungo spiegandogli come erano andate le cose. Lui capì e nel giro di
quindici giorni fui trasferito per opportunità al carcere di Prato. A Prato non
era malaccio e vi trascorsi alcuni mesi relativamente tranquilli. Parlavo tutte le settimane con
lo psichiatra e raccontandogli le mie problematiche, un bel giorno fui trasfèrito all'O.P.G. di Montelupo Fiorentino in
osservazione.
Fui
traumatizzato da quella esperienza. Dopo circa 30 giorni mi rispedirono di
nuovo a Prato.
Nei giorni
a seguire incominciai a bere (quella schifezza di vino che passano nel carcere)
insieme ad un amico e un sorso dietro l'altro terminò "l'acqua di
fuoco", così si decise di chiedere ad un "amico" qualche boccino
di vino. Ci fece la negativa, nonostante nell'armadietto ne avesse
un'abbondante scorta. Francamente ci si rimase male ed io alzai la voce
rimproverandolo. Ad un tratto mi sentii arrivare una forte botta dietro la
schiena e nel girarmi vidi un brindellone di secondino rosso di capelli e pieno
di lentiggini che mi urlava minaccioso d'uscire dalla cella dell'«amico» ...
Non feci discorsi: gli diedi un diretto destro buttandolo KO. Si rialzò e
scappando per la sezione andò a chiamare rinforzi. Ne arrivarono altri quattro
di corsa per farmi il "Sant'Antonio".
Non so come feci, ma ebbi la meglio. Arrivò per mia
fortuna la direttrice …, la quale mi invitò a scendere all'isolamento. Io non
volevo andare, in quanto sapevo che lì avrei trovato la squadretta. Ma lei mi assicurò che nessuno
mi avrebbe toccato e così fu. La mattina dopo ero partente per Porto Azzurro e
lì, caro Giuliano, incominciò il mio calvario. Come arrivai all'entrata mi vidi
un esercito di secondini in assetto antisommossa. Non so quel giorno quante
botte presi. Mi aprirono la testa con pezzi di ferro, mi incrinarono una
costola ... insomma ero messo male.
Mi
ritrovai sul letto di contenzione e ammanettato così forte che dopo alcuni
giorni il ferro delle manette mi era entrato nelle carni. Per un mese fui
tenuto isolato e i primi 10 giorni tutte le mattine
puntuali entravano e mi massacravano. Buttavo sangue da tutte le parti.
Un giorno mi arriva il colloquio. Viene su il
comandante, il quale mi diceva: "Come va brutto figlio di puttana? Ora ti
si slega e vai al colloquio, brutto camoscio di merda". Mi levarono le manette e mi fecero
vestire; avevo in corpo ancora in po' di forze e con uno scatto riuscii a
colpire al volto quel maledetto comandante, facendolo crollare per terra.
Feci l'ultima delle mie; ripresi altrettante botte e
saltai il colloquio.
Non mi nascondo: quella volta ebbi veramente tanta
paura; ero convinto che mi avrebbero impiccato. Per fortuna un giorno sento una
guardia che mi disse: "Guadagnuolo, è partente, si prepari".
Fu un giorno che ricorderò con felicità. Mi
riportarono a Montelupo Fiorentino all'O.P.G.
I dottori mi diagnosticarono un grave disturbo
esplosivo della personalità e così mi applicarono l'art. 148 CP.
Passai i primi 6 mesi in coma
per quanti psicofarmaci mi propinavano. Ero diventato il fantasma di me stesso.
Stavo dimenticando che
l'artefice del mio trasferimento da Porto Azzurro all'O.P.G. fu il gentilissimo
dottor Alessandro Margara. E questa direttiva che veniva dall'alto, non
è mai stata digerita dal direttore sanitario di Montelupo, …, il quale non
perdeva occasione per aggredirmi tra le righe e ricordandomi che appena avrebbe
potuto, mi avrebbe rispedito in carcere.
Difatti poco tempo fa, dopo un disguido con un dottore
(dermatologo), mi innervosii e sbattei nel muro un carrello porta bibite.
Arrivarono un gruppetto di guardie male intenzionate; non feci discorsi: ruppi
un tavolino e poi gli levai una gamba. Le guardie tornarono tutte indietro.
Corsi in cella e presi una lametta per tagliarmi nel
caso venissero rinforzi.
Salì il dottor …, mi caldeggiò di recarmi in
medicheria; io annuii col capo e ci si mise a discutere. Nel
frattempo vidi dietro la porta semi chiusa, una valanga di guardie. Mi
ricordai Porto Azzurro. A quel punto dissi al direttore che se le guardie non
fossero uscite, lui non si muoveva da lì. Siamo andati
avanti per 2 ore a discutere. Chiarito il tutto,
tornai in cella.
Alcuni giorni dopo, avevo una udienza in Pretura.
Finito il processo, mi ammanettarono e ci si incamminò verso il cellulare e
mentre stavo salendo arrivano due secondini di Sollicciano che non facevano
parte della scorta e mi danno una forte spinta, facendomi scivolare sul
furgone. Ho cercato di reagire, ma ammanettato, non potei fare niente. Poi a
spintonarmi ci si mise anche un agente della mia scorta ... Arrivato
all'O.P.G., ero incazzato nero. Mi fecero una doppia puntura per
tranquillizzarmi, ma volevo protestare per il maltrattamento, così mi vollero
far legare.
Mentre mi incamminavo nella stanza dove si trovano i
letti di contenzione, incrociai l'agente … e in modo concitato gli dissi che
non era giusto maltrattare così le persone. Lui non ha fatto discorsi: mi
piglia e mi dà un paio di spinte; io non mi reggevo in piedi per la puntura
fatta, ma riesco a dargli un leggerissimo pugno.
Per farla corta, dopo 2
giorni viene la squadretta mentre dormivo e con calci e pugni mi trasferiscono
all'O.P.G. di Reggia Emilia. Qui, per ora, è ferma la mia storia.
Ciao Giuliano
Roberto Guadagnuolo
Fonte: Liberarsi (dalla necessità del carcere), anno XIII, numero 3,
settembre 1999
Trascrizione della lettera
di Roberto Guadagnuolo, inviata all’ex presidente del tribunale di sorveglianza
di Firenze.
Pregiatissimo Presidente,
mi scuso per l’importuno che Le reco con la presente. Sono Roberto Guadagnuolo, e spero che si ricordi di me. Le scrivo per ricordarLe che sono 10 anni che sopravvivo in cattivita’ e rinchiuso nel vaso di Pandora.
Subito dopo il mio arresto il mondo e’ radicalmente cambiato.Per esempio: nella “mia” Firenze, dove sono nato e cresciuto non e’successa più una rissa, i buttafuori delle discoteche preposti non hanno più massacrato di botte i pischellini, non si sono più sparati, infatti al giovane Rettori, che il sottoscritto ha tenuto in braccio fin dai primi mesi della sua vita, non è vero che gli hanno sparato in pieno petto e’ stata soltanto una bufala dei giornalisti. Per non parlare della pace che regna nel mondo.In Africa, le guerre tribali nonesistono più e i bambini di quel continente non muoiono piu come mosche.L’HIV è stata debellata. L’11 Settembre, le Torri Gemelle non sono state distrutte e non e’ morta una sola persona. La guerra in Irak? I bambini dilaniati dalle bombe? Lo Tsunami? Tutto questo è inventato dalla sinergia di Hollywood e dai mass media per spaventare la gente. Mi scusi signor Presidente, mi sono dimenticato di scrivere due punti importanti:il primo che sono stato condannato per tentato omicidio per aver quasi ucciso una gomma di un automobile e il secondo che sono un minorato psichico, pertanto, prendete il tutto con beneficio d’inventario.Però c’è qualcosa che non mi torna e la prego se può delucidarmi in merito.E’ un anno che sono internato nell’OPG di Napoli e ho beneficiato di 4 permessi premio e in virtù di questi sono stato messo in liberta’ e sono uscito dal vaso di Pandora e poi considerato la bestia nera delle carceri italiane. Scusate un attimo devo fare una breve riflessione sulla considerazione di bestia nera. E’ nata dalla penna e formidabile intelligenza del Dr.Adriano Sofri. A quel punto il male doveva prendere il sopravvento sul bene ma non e’ successo un bel niente! Qui bisogna scoprire l’arcano. Purtroppo come ho gia’ detto sono un minorato psichico e senza aiuto non posso capire. Va beh. Lasciamo stare.
Torno a Lei illustrissimo Presidente. Lei forse non lo ricorda ma ci siamo incontrati la prima volta (naturalmente in carcere) circa 20 anni fa. Anche qui ho detto una sciocchezza. Lei e’ famoso per la Sua memoria elefantiaca, nonche’ creatore (con mente vulcanica) della legge Gozzini. Dando speranze ai carcerati e quasi azzerando gli omicidi e le sommosse nelle carceri.E per finire per la Sua grande umanita’. (anche se per il sottoscritto non mi e’ andata diciamo bene).
In questi 10 anni di carcerazione, e i 5 anni gia’ pre-sofferti, facendo un piccolo calcolo ho gia superato 1/3 della mia vita in cattivita’, e per che cosa ? per le risse.
Non v’e’ dubbio che io ho veramente esagerato con le botte, ma e’ altrettanto vero che 15 anni di galera non sono noccioline, senza contare che ho un fine pena al 2013. Ed ancora 20 processi da celebrare sempre della stessa indole e facendo un altro piccolo calcolo super ottimistico vado a raccattare altri 20 anni. Sommando il tutto sono 43anni di galera. Le faccio presente che non ho a mio carico reati di sangue, associativi, di spaccio di sostanze stupefacenti, ideologiche, politiche…contro il patrimonio e non ho ucciso alcunché (a parte la gomma dell’auto….).
Sara’ un'altra sciocchezza ma forse c’e’ una sproporzione tra i terribili reati che ho commesso e la quantita’ di galera accumulata? Ma gira e rigira torno sempre la, alla mia minorazione psichica che non mi fa capire. Devio un po’ il discorso anche per non annoiarLa. Quante volte l’ho vista passare in bicicletta da piazza D’azeglio rasente il giardino e La salutavo a voce alta con queste testuali parole: Dott.Margara! Dott.Margara!come va e Lei:<<ma chi tu sei?>> sono il Guadagnuolo, e quasi sempre mi rispondeva con le stesse parole: << se non la smetti di fare gli occhi neri alla gente quando mi capiti sotto tiro ti faccio vedere io>>, e tutte le volte sorridevo.
Continuo a raccontarLe un altro episodio per sdrammatizzare la mia sicura non piacevole situazione. Mi trovavo al carcere di Sollicciano per processi. Presi la palla al balzo, chiamai la matricola e mi misi a mod.13 per avere udienza con Lei. Dopo pochi giorni la guardia di sezione mi chiama e mi mette al corrente che dovevo scendere giu’ perche’ c era il Magistrato di Sorvevglianza. Mi assicurai dalla guardia di quale Magistrato si trattava. Lui rispose:il Dott. Margara. Alla velocita’ della luce scesi giu’. Aspettai il mio turno ed entrai, ci scambiammo i convenevoli ed entrai subito nel merito del colloquio. Le raccontai che non ce la facevo più, che avevo fatto il giro d’Italia (delle carceri) e altre cose. Mi aspettavo che rispondesse in relazione a quanto Le avevo sottoposto alla Sua attenzione, invece prese la parola e mi disse:<<Lei Sig. Guadagnuolo e’ feroce come una tigre e non so come faccia con quelle sue manacce a colpire sempre agli occhi; lei e’ preciso come un cecchino, ma che ha un mirino nelle mani???>>
Guardi Signor Presidente, da come mi guardava e le parole che usò mi suscitarono una voglia irrefrenabile di morir dal ridere (pur cosciente che parlava seriamente) ma sapevo che se non fossi riuscito a trattermi quella volta gli occhi neri me li avrebbe fatti Lei. Ora pero’ siamo seri. 15 anni di carcere credo siano piu’ che sufficienti per aver pagato il mio debito con la giustizia. Ma arrivare a 43 anni di galera e forse piu’ e’ PAZZESCO.
A questo punto pazzesco per pazzesco chiedo a Lei di cercare di ripristinare l’Istituto della pena di morte soltanto per il sottoscritto.
Le porgo i miei piu’ cordiali saluti.
Roberto Guadagnuolo
Napoli 20 giugno 2005
NAPLES, NABLUS, NAPOLI, ITALY
DIOP IBRAHIMA ASSASSINATO, GLI SI VOLEVA REGALARE PURE LA FOSSA COMUNE, INCIVILE PRASSI TUTTORA IN USO NEL NOSTRO PAESE
OGGI 23
AGOSTO SI E’ SVOLTO UN CIVILE CORTEO FUNEBRE DI MASSA A NAPOLI GRAZIE ALLA
GARANZIA VOLONTARIA DATA DA PERSONE CHE DEI DIRITTI UMANI NON SI SCIACQUANO LA
BOCCA MA SI SFORZANO DI FARLI PREVALERE, ANCHE A PROPRIE SPESE, CAUSA LA
LATITANZA MUNICIPALE DEI FUNERALI PER UN IMMIGRATO, PERSONA
SENZA DIRITTI DA VIVO E PURE DA MORTO
Sent: Tuesday, August 23, 2005 1:04 PM
Subject: Diop Ibrahima
come se non bastasse
l'omicidio - ennesimo atto di sopraffazione e di violenza gratuita ai danni di
immigrati - , alla beffa dell'espulsione dell'unico
testimone oculare perchè "clandestino" ora
si aggiunge anche il problema della sua sepoltura.
non potendo tollerare una
simile discriminazione, anche fra immigrati, siamo pronti ad assicurare
nell'immediatezza una degna sepoltura del cittadino senegalese, facendoci
carico di ogni spesa al riguardo.
per Lista Trupiano-Movimento per la difesa dei diritti umani,
il Coord.
Reg. Massimo Guadagni
22 set 2005, 07:38:22 |
Giuseppe Barbaro, un
sepolto vivo nel carcere più disumano d'Italia dove sono in atto lo sciopero
della "spesa" e l'epidemia della scabbia! |
Me
lo ha portato a colloquio un piantone "in braccio", come fosse un
bambino. Invece
di anni ne ha 49 e da vivere gli resta pochissimo. Pesa
40 chili e negli ultimi quattro anni ne ha persi altri 40, si urina sotto, e
così defeca pure, dovrebbe avere un piantone giorno e notte ed invece è
caduto si è pure fratturato. Ha
quasi tutte le patologie possibili ed immaginabili, e pensare che,
proveniente da Spoleto, venne tradotto a Nuoro e da Nuoro al carcere di
Napoli-Poggioreale per essere ricoverato presso il centro clinico (peraltro
inidoneo a curare chicchesia) in
..forza a questo penitenziario. Ed
invece è al famigerato Padiglione Venezia da quattro mesi, parcheggiato lì
sotto, in attesa che muoia. Da
tempo ha rinunciato anche all'ora d'aria, per la vergogna di farsi vedere
come è ridotto, eppure è un cittadino della Repubblica che chiede solo di non
morire. E'
l'unica cosa che ho capito chiaramente: "non lascatemi morire". Giusto
per la cronaca, nel carcere di Poggioreale è in atto una protesta consistente
nel non acquistare allo spaccio interno più niente che non siano sigarette o
francobolli. Il
motivo sta nel fatto che in questo carcere c'è la scabbia: 14 i casi
sinora accertati! E' al varo un piano per evitare l'ulteriore contagio: scarse
condizioni igieniche e fino a 18 persone in una cella che ne dovrebbe
contenere solo 6, questi i motivi dell'insorgere dell'epidemia. Avv.
Vittorio Trupiano, nominato solo ieri difensore di
Giuseppe Barbaro e segretario nazionale dell'omonima lista per la difesa dei
diritti umani. |
Sent: Thursday, September 22, 2005 9:40 PM
Subject: 14 casi di scabbia nei padiglioni di Poggioreale
tratto dal Quotidiano
"Il Giornale di Napoli" del 22.9.05
<Quattordici
casi di scabbia nei padiglioni di Poggioreale"
Nel
carcere di Poggioreale la situazione è divenuta drammatica. Ieri alcuni
detenuti hanno chiesto di essere visitati e ai medici sono bastati pochi
secondi per rendersi conto del problema. All'interno della casa circondariale
di Napoli c'è la scabbia, malattia altamente infettiva. Fino a ieri sono stati
accertati difatti ben 14 casi ed il numero secondo le previsioni è destinato a
crescere e occorre presto il varo di un piano per evitare il contagio e la
diffusione che diventerebbe nel giro di pochi giorni incontrollabile. Non si
esclude che i detenuti possano intraprendere scioperi ben più duri come quello
della fame e della sete e allora la situazione potrebbe diventare delicata.
Fabio
Postiglione
CAMORRA: REVISIONE PROCESSO OMICIDIO DIANA, NOVITA' DA SPAGNA =
Cronaca Interna 11/11/2005 16:04
(AGI) - Napoli, 11 nov. - Novita' dalla Spagna
nell'ambito
delle indagini difensive condotte per ottenere la revisione del
processo che ha portato alla condanna di Mario Santoro e
Francesco Piacenti per l'omicidio di don Giuseppe Diana, il
parroco di Casal di Principe ucciso alle 7,30 del 19 marzo 1994
mentre si apprestava a celebrare messa. Vittorio Trupiano,
il
legale che assiste Santoro, detenuto a Spoleto da 9 anni dopo
la condanna all'ergastolo, ha ottenuto le trascrizioni e le
traduzioni delle indagini e del dibattimento che nella penisola
Iberica hanno interessato Santoro e Picenti insieme
ad altri
esponenti del clan capeggiato da Vincenzo De Falco, un tempo
alleato dei Casalesi, per traffico internazionale di droga.
Dagli accertamenti della polizia utilizzati nel processo
"Goia", emerge che alcuni testimoni sostengono che il giorno
dell'omicidio di don Diana, Mario Santoro si trovava ad una
festa a San Jose'. "Non ha potuto dunque essere
a Casal di
Principe e assolvere all'incarico di uccidere il prete per
conto di Nunzio De Falco, Francesco Di Vincenzo", sostiene il
legale. Anche l'elenco delle chiamate in entrata ed uscita dal
telefono in uso a Santoro, rintracciabile negli atti giunti
dalla Spagna, non registra la conversazione tra Nunzio De Falco
e Santoro per la 'commissione' del delitto. Inoltre, le stesse
testimonianze indicano che Francesco Piacenti non si e' mai
mosso dalla Spagna nei primi mesi del 1994. La sentenza della
IV sezione della Corte d'assise di appello di Napoli emessa il
27 marzo 2003, invece, aveva confermato per Santoro e Piacenti
la condanna all'ergastolo sulla base della testimonianza del
pentito Giuseppe Quatrano, autoaccusatosi di aver
partecipato
al delitto con altre quattro persone. Trupiano,
inoltre, ha
ottenuto in questi giorni per Santoro una dichiarazione di
incompatibilita' con il regime carcerario a seguito
di una
grave cardiopatia. (AGI)
Cli/Bre
111604 NOV 05
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GIORNI DI TEMPO PER DECIDERE SE NELLE GALERE SI PUO’
AMMAZZARE IMPUNEMENTE UN UOMO. (DIECI GIORNI CHE
SCONVOLGERANNO IL PAESE ?)
(articolo del Tirreno)
11-1-2006 SULL’UDIENZA DEL 12 (Cpa Firenze news)
26-11-2005 NON ACCETTATA LA
RICHIESTA DI ARCHIVIAZIONE, PRINCIPALE STRUMENTO ANTIGIURIDICO DELL’ORDINAMENTO
DEL DIRITTO BORGHESE ITALIANO, A NEGARE AL PUBBLICO I FATTI
Il
Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Genova, Dott. R.
Fenizia, non ha archiviato il caso Lonzi. Codice alla
mano poteva ben farlo: se, infatti, l'opposizione alla richiesta di
archiviazione del P..M. Dr.ssa P. Calleri
fosse stata manifestamente infondata, come pure la notizia di reato, il Gip
avrebbe potuto e dovuto accogliere la richiesta di archiviazione del P.M.
presso la Procura della Repubblica di Genova.
La norma
(art. 409 c.p.p.) è chiarissima e non ammette equivoci:"Se non
accoglie la richiesta (di archiviazione) il giudice fissa la data dell'udienza
in camera di consiglio e ne da
avviso al p.m., alla persona sottoposta ad indagini e alla persona offesa dal
reato (Ciuffi Maria)".
Quindi,
al momento, l'unica richiesta ad essere stata disattesa è stata proprio quella
di archiviazione proposta dal p.m.!
Il
Gip, infatti, ha fissato la relativa udienza del 12 gennaio 2006 presso il
Tribunale di Genova-Ufficio Gip. (testuale:"letta
la richiesta di opposizione presentata il 17.9.05, visto l'art. 410 c.p.p.,
fissa l'udienza del 12 gennaio 2006 ore 10-Tribunale di Genova-Ufficio Gip)
Cosa
potrà accadere in quell'occasione?
E' ancora l'art. 409
c.p.p. a dircelo:"A seguito
dell'udienza, il giudice, se ritiene necessarie ulteriori indagini, le indica
con ordinanza al pubblico ministero. Al di fuori di questo caso, il giudice,
quando non accoglie la richiesta di archiviazione, dispone con ordinanza che il
p.m. formuli l'imputazione"
Ed è
proprio quello che stiamo chiedendo da due anni a questa parte.
Ringrazio
per l'attenzione da sempre, peraltro, prestata dagli organi d'informazione al
caso della tragica fine del detenuto Marcello Lonzi.
Avv.
Vittorio Trupiano
26-11-2005
Detenuto
morto a Livorno nel 2003: Emergono Nuovi Sviluppi
Secondo
consulenza medico legale della famiglia fu ucciso
(ANSAweb) - LIVORNO, 28 OTT - Le ferite
riscontrate sul cadavere di Marcello Lonzi, il
detenuto morto il 12 luglio 2003 nel carcere di Livorno, non sarebbero
compatibili con l'ipotesi di un malore e di una conseguente caduta al suolo, ma
farebbero arguire che il giovane fosse stato vittima di un'aggressione. E' il parere del dottor Marco Salvi, medico legale della Usl
di Genova e consulente della madre del giovane, la signora Maria Ciuffi,
convinta che il figlio sia morto per un pestaggio da parte della polizia
penitenziaria. La consulenza è stata depositata dal legale della donna
-l'avvocato Vittorio Trupiano- al gup
di Genova, Rubini, in opposizione alla richiesta del pm
genovese Paola Calleri di archiviazione del
procedimento contro il pm livornese Roberto Pennisi,
denunciato dalla Ciuffi insieme al medico legale che eseguì l'autopsia sul
corpo del figlio e a un poliziotto della penitenziaria. Nella sua consulenza il
medico legale rileva in particolare la presenza di tre ferite di forma e
profondità tali da escludere che si fosse trattato di un unico urto alla testa,
come avverrebbe in caso di caduta. (ANSAweb)
DETENUTO MORTO LIVORNO: MADRE SI OPPONE AD ARCHIVIAZIONE
Cronaca Interna 9/13/2005
18:25
AVVOCATO DIFESA, NUOVA CTU E RIESUMAZIONE CADAVERE
(ANSA) - GENOVA, 13 SET - L' avvocato
Vittorio Trupiano, difensore di Maria Ciuffi, madre
del detenuto Marcello Lonzi morto nel carcere di
Livorno, ha presentato stamani opposizione alla richiesta del pm genovese Paola Calleri di
archiviazione del procedimento contro il pm livornese
Roberto Pennisi,
denunciato, con il medico legale che esegui' l'
autopsia sul corpo del figlio e un poliziotto della penitenziaria, dalla
Ciuffi.
Nell' opposizione, Trupiano ripercorre i
punti salienti delle indagini che portarono il pm
Pennisi ad archiviare l' indagine sulla morte di Lonzi
come 'morte naturale' mentre la madre del detenuto ha sempre sostenuto che il
figlio e' morto per le percosse ricevute in carcere.
L' avvocato chiede dunque che ''le
indagini preliminari proseguano con un' investigazione suppletiva'', la nomina
di un nuovo consulente tecnico d' ufficio, la possibilita'
della parte lesa (Maria Ciuffi) di nominare un proprio perito, la
riesumazione della salma del Lonzi, sulla quale
eseguire anche i test tossicologici e un' indagine accurata sulla doppia firma
dell' agente di polizia penitenziaria che firmo' l'
annotazione, sull' assegnazione alle sezioni, sul motivo per cui il corpo di
Lonzi ''venne trattenuto per molto tempo all' interno
del carcere prima di essere trasportato altrove dal personale del 118'' e,
ancora, ''sull' ora precisa dell'
intervento del 118''.
''In estrema sintesi - scrive Trupiano -
il procedimento di cui ha chiesto l' archiviazione il pm di Genova e' portatore di
tante anomalie, manchevolezze, correzioni, omissioni superate dalla evidenza
delle foto che lo stesso direttore sanitario del carcere di Livorno ha definito
'agghiaccianti'''.(ANSA).
From: Lista Trupiano
Sent: Wednesday, September 07, 2005 8:26 PM
Subject: detenuto morto a Livorno: già pronta l'opposizione alla richiesta di archiviazione del P.M. di Genova
http://www.ansa.it/main/notizie/regioni/toscana/news/2005-09-07_1200724.html
e ad onor
del vero era pronta da tempo.
la stessa sarà depositata
presso l'ufficio del Gip presso il Tribunale di Genova, competente a decidere
sulla richiesta del P.M., nel termine
canonico di 10 giorni dalla notifica della richiesta di archiviazione,
che mi è stata notificata oggi.
vi sarà quindi un seguito,
a breve, della vicenda e nel senso che il Gip dovrà fissare un'udienza camerale
a seguito della quale decidere
se accogliere la richiesta
di archiviazione del P.M. o disporre un supplemento di indagini rimettendo il
fascicolo allo stesso P.M. richiedente.
l'opposizione sarà molto
articolata, specie con riferimento alla posizione dell'agente della Polizia
Penitenziaria, Giudice o Nobile che si
chiami o che si firmi!
Il caso Lonzi,
comunque, non si è chiuso questa mattina.
La mia assistita, inoltre,
denunciò, con separato atto, il P.M. Pennisi anche per il reato di
diffamazione aggravata a mezzo stampa,
ed in tal senso non mi è pervenuta
alcuna richiesta di archiviazione.
Avv. Vittorio Trupiano, Difensore
della parte offesa Sig.ra Maria Ciuffi, madre di Marcello Lonzi
14-lug-05 22.21
Nel corpo
della denuncia sporta in data 13.05.05 dalla Sig.ra Maria Ciuffi, madre di
Marcello Lonzi, la stessa denunciava, fra gli altri,
"l'agente scelto della polizia penitenziaria Nobile Nicola (o Giudice
Nicola)", proprio così, dal momento che un verbale d'interrogatorio di
Nobile Nicola venne, invece, sottoscritto da Giudice Nicola. Siamo nelle ore
immediatamente successive alla morte di Marcello Lonzi
e questo agente sottoscrive di averlo visto con i propri occhi in piena forma,
pochi minuti prima del decesso, al punto da offrire addirittura una tazza di
caffè ad un detenuto lavorante. Un passaggio fondamentale nelle indagini
condotte dal P.m. Pennisi: ebbene, Giudice Nicola non esiste,
e nemmeno Nobile Nicola o se esistono non hanno mai prestato servizio presso Le
Sughere!
Dettagliate
indagini difensive, rese oltremodo difficili da un radicato clima di omertà, mi
hanno permesso di accertare quanto affermo documentato da quanto mi
accingo a depositare presso la Procura della Repubblica di Genova, titolare,
ora, dell'inchiesta.
Posso
anche anticipare che il decesso di Marcello ha numerosi punti in comune col
decesso del detenuto Francesco Romeo, trovato morto nell'ottobre del 1997 nel
carcere di Reggio Calabria e le cui indagini pure vennero condotte dal Dr.
Pennisi, nonchè col violentissimo pestaggio a cui fù sottoposto, guarda caso, proprio nel carcere delle
Sughere il detenuto Roberto Guadagnolo e per il quale vennero condannati sette
agenti della P.P. per i reati di insubordinazione (aggredirono un loro
superiore allo scopo, riuscito, di impossessarsi della chiave della cella dove
era allocato il detenuto), abuso d'ufficio e lesioni aggravate, soddisfazione,
quest'ultima, costata carissimo al Guadagnolo dal momento che da allora trovasi
costipato in un manicomio giudiziario.
Lonzi, Romeo,
Guadagnolo (due morti, un solo P.m.) ed un percosso: gli autori dei
pestaggi sempre i Gom.
Marcello Lonzi, un corpo martoriato fino all'inverosimile, un
decesso frettolosamente archiviato come "accidentale" quando la madre
si è rivolta alla Procura di Livorno ed una denuncia rubricata "contro
ignoti" ora che ha fatto i nomi alla Procura di Genova!
Del caso
ho investito anche il C.S.M.
Napoli,
14 luglio 2005
Avv.
Vittorio Trupiano
Da Indymedia sul caso Lonzi
Marcello Lonzi, 29 anni, tossicodipendente, detenuto per tentato
furto, con soli quattro mesi di reclusione ancora da scontare, viene
"trovato morto" l’11 luglio 2003 nella sua cella del carcere Le Sughere di Livorno - carcere sovraffollato, pieno di detenuti in attesa di giudizio e con un record di suicidi [1] [2] [3].
La famiglia sarà avvertita solo 12 ore dopo. All'autopsia, eseguita senza prima
avvertire i familiari, il medico legale parla di "cause naturali". Le testimonianze, le ferite e il lago di sangue
nella stanza ci raccontano un'altra verità, ma il Pm - lo stesso coinvolto anni
fa in una storia troppo simile e lo stesso che ordinò l'irruzione al C.S. Godzilla - ha chiesto e ottenuto
l'archiviazione, passando sopra ai troppi dubbi su quella notte,
in cui si era tenuta una protesta spontanea dei detenuti della sezione.
Una morte che non è che la punta dell'iceberg. Chi è transitato dalle Sughere
racconta una quotidianità di umiliazioni, pestaggi, "celle lisce" e "terapie" a base di botte. Nel frattempo la madre di Marcello, nel suo muoversi alla ricerca della verità, è oggetto di intimidazioni e
minacce più o meno esplicite e più o meno legali.
La cronaca, dall'11 luglio 2003 a
oggi
Rassegna stampa completa
Interrogazioni parlamentari: Marcello - Sughere
Lettera dei detenuti delle Sughere
La madre di Marcello su Sofri e gli arresti di Pisa
Intervista alla madre di Marcello
2/3/05 da Livorno: "... e così il caso Lonzi è chiuso."
Ftr precedente: Vai in carcere e poi muori!
UNA PERSONA A CUI SI VUOL NEGARE LA REVISIONE PERCHE’ DAREBBE FASTIDIO
AD UN BOIA FASCISTA DEI SERVIZI SEGRETI SUO COIMPUTATO PAROLA DI PAOLO DORIGO
Articolo
tratto da: L'Unione Sarda del 18 agosto 2005
Orgosolo.
E'stato condannato per il sequestro Concato: "Le
prove a carico vanno riconsiderate"
Catgiu chiede la revisione
del processo
Ex
latitante, ha trascorso in carcere gli ultimi 20 anni <Sono malato di
claustrofobia>
Quando
fu arrestato dopo un anno e mezzo di latitanza nelle campagne di Orani, il 5
marzo del 1984, era considerato uno degli elementi di spicco della criminalità
barbaricina, componente della cosiddetta Anonima gallurese. Oggi invece
l'orgolese Francesco Catgiu, noto Sirbone,
è un vecchio di 64 anni che dopo oltre 4 lustri passati in galera (attualmente
è recluso nel carcere di Secondigliano a Napoli) soffre di claustrofobia e
quasi non si regge in piedi. Condizioni di salute che non gli impediscono però
di dare battaglia. Il suo nuovo avvocato Vittorio Trupiano,
del foro di Napoli, ha infatti annunciato ieri l'intenzione di chiedere la
revisione del processo in cui Sirbone fu condannato a
29 anni di carcere per il sequestro del dirigente industriale Leone Concato,
mai tornato a casa nonostante il pagamento di 670 milioni di lire di riscatto.
Una sentenza diventata definitiva nel 91, dopo ben 3 pronuncie
della corte di Cassazione. L'appiglio, a parere del legale campano, sarebbe la
recente sentenza delle Sezioni Unite del Supremo Collegio (sentenza Pisano) che
prevede la possibilità di riaprire il processo anche solo in base a una
rivalutazione delle prove poste a fondamento della condanna. Ma su cosa si
fonda la richiesta di revisione? L'Avvocato Trupiano
sembra puntare tutto sul fatto che ad accusare il suo assistito fu il pentito
Salvatore Contini, il quale sarebbe però stato sbugiardato da suo fratello
Giovanni il quale dichiarò ai giudici che le testimonianze da lui rese erano
false e finalizzate solo a riacquistare la libertà. Il legale sottolinea
inoltre la circostanza che in occasione del processo d'appello Salvatore
Contini era già morto (fu ammazzato nel carcere di Ajaccio nel'87) per cui Catgiu per ben 2 gradi di giudizio non ha avuto la
possibilità di chiedere la rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale a causa
proprio del decesso del suo principale accusatore. Ma il nuovo processo con cui
l'avvocato Trupiano spera di dimostrare l'innocenza -
sempre proclamata - di Catgiu, non starebbe tutto
nelle dichiarazioni favorevoli del fratello del pentito. A parere del penalista
infatti non mancano nemmeno le prove nuove in senso stretto che, unitamente al
riesame di quelle che portarono alla sua condanna, potrebbero finalmente
rendergli Giustizia. La palla ora passa alla Corte di Appello di Palermo. Un
eventuale accoglimento avrebbe del clamoroso e potrebbe riaprire una delle
pagine più sanguinose degli anni bui dei sequestri di persona.
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CASO TOTARO OTTENUTA LA SCARCERAZIONE
Sent: Wednesday, August 10, 2005 1:39 PM
Subject: scarcerato Giovanni Totaro
potrà finalmente curarsi a
Milano, in clinica, dove è ricoverato.
decisivo l'intervento presso
la Procura di Palmi dei suoi difensori, gli avvocati Vittorio Trupiano e Guido Contestabile, anche se non sono mancati
momenti di tensione.
prosegue, intanto,
l'indagine della Procura di Palmi per accertare eventuali responsabilità per il
tardivo trasferimento del detenuto napoletano.
Friday, August 05, 2005 6:41 PM
Subject: APERTA UN'INCHIESTA SUL CASO TOTARO
MALAGIUSTIZIA. IL PM DI PALMI INTERROGHERA' IL DIRETTORE DEL CARCERE CHE HA DISATTESO L'ORDINANZA DI TRASFERIMENTO IN OSPEDALE
Aperta
un'inchiesta sul caso Totaro
Il sostituto procuratore di Palmi, la dottoressa Sassi, ha aperto un'inchiesta sul caso del detenuto Giovanni Totaro, per il quale la Corte di Appello di Napoli ha disposto da oltre due mesi e ripetutamente il trasferimento in ospedale per le sue precarie condizioni di salute. Nei prossimi giorni il direttore del carcere di Palmi sarà interrogato. In pratica il dirrettore della casa circondariale di Palmi dovrà spiegare perchè non ha ancora disposto il trasferimento di Totaro nel Policlinico di Napoli nonostante le ordinanze dei giudici napoletani e nonostante la struttura sanitaria abbia ampiamente dato la disponibilità ad ospitare il paziente. Il pm di Palmi ha disposto anche l'acquisizione della documentazione da e per il Policlinico per accertare altre eventuali responsabilità nell'insiegabile ritardo. Una vera e propria battaglia per i legali di Totaro, gli avvocati Viottorio Trupiano e Massimo Guadagni. In più i legali hanno depositato un'ulteriore istanza alla Corte di Appello di Napoli, visto che non si vuole applicare il precedente provvedimento di ricovero, la concessione degli arresti domiciliari. Giovanni Totaro sta male, ha gravissimi problemi cardiovascolari. Già lo scorso giugno era stato disposto per lui un ricovero urgente all'ospedale Cardarelli, ma per tutta risposta l'amministrazione penitenziaria trasferì il detenuto nel carcere di Palmi, in Calabria. In Calabria le condizioni di Totaro sono visibilmente peggiorate in poco tempo. Ora la magistratura calabrese ha aperto un'inchiesta sperando di fare luce su una vicenda che si è tinta di giallo.
Da : Il Giornale di Napoli, ven. 5
agosto 2005, pag. 2, articolo firmato G. Cosmo
CARCERI: DETENUTO GRAVEMENTE MALATO,
ESPOSTO A PROCURA DI PALMI PER IL
RICOVERO =
Cronaca Interna 7/29/2005 15:52
PER PROTESTA L'UOMO RIFIUTA CIBO E MEDICINALI
Napoli, 29 lug. - (Adnkronos) - E' rinchiuso nel
carcere di Palmi in gravi condizioni di salute e ora il suo avvocato chiede con
un esposto alla Procura della Repubblica della localita'
calabrese che l'uomo venga ricoverato presso il Centro Nutrizionale del II
Policlinico di Napoli. Protagonista della vicenda e'
Giovanni Totaro, 35 anni, che da tempo soffre di gravi patologie, tra cui una
grave obesita' e una sindrome di apnee notturne, e
che da sette giorni per protesta rifiuta cibo e medicinali, affinche'
il suo ricovero
avvenga il prima possibile.
Ricovero che la stessa Corte d'Appelo di Napoli ha gia' ordinato e disposto per ben tre volte, sulla base
delle perizie d'ufficio e
delle relazioni sanitarie stilate da tutti i carceri in cui Totaro e' stato trasferito in questi ultimi due anni e dai quali e' emerso che
per i suoi problemi di salute l'uomo non e'
compatibile con il regime carcerario.
Nonostante la Corte abbia definito il ricovero 'urgente e d'esecuzione
immediata', Giovanni Totaro resta tuttora nel
carcere di Palmi. Con l'esposto alla Procura di Napoli, il suo avvocato
Vittorio Trupiano chiede di appurare se esistono responsabilita' penali del direttore del carcere e del suo
direttore sanitario.
(Mcr/Ct/Adnkronos)
29-LUG-05 15:52
17
giu 2005, 09:40:02 |
[newsletter]
STORIA DI MALA IUSTITIA |
IL CASO SCARDELLA-STORIA DI MALA
IUSTITIA
( Di Roberto Pinna )
Aldo Scardella, nato a Cagliari nel 1961.
Il ragazzo partecipò in prima persona alle iniziative studentesche che negli
anni settanta animarono le scuole Cagliaritane,
distinguendosi per il suo impegno sociale e l’amore per la giustizia. Il 2
luglio 1986, alle ore 15.00 circa, dopo sei mesi di isolamento, Aldo Scardella, accusato dell’omicidio al “Bevimarket”
di Via Donoratico a Cagliari, avvenuto nella antivigilia di Natale, consumò le
sue ultime ore di vita tra le sordide pareti di una cella… da innocente. Era
innocente. Era stato arrestato il 29 dicembre 1985 senza concreti indizi e mai
interrogato dal giudice istruttore
Anche prima della condanna definitiva dei veri responsabili..
avvenuta molti anni dopo. Sulla sua tomba, dopo la soluzione della sua intricata
ed assurda vicenda giudiziaria, andò a pregare Enzo Tortora.
Sentiamo la testimonianza del fratello.
Domanda: Il caso Scardella, che circa vent’anni fa ebbe una forte eco sugli organi di informazione, e che fece scaturire varie interrogazioni Parlamentari, pare finito nel dimenticatoio, cosa ne pensa ?
Cristiano Scardella : Un errore giudiziario non può essere dimenticato, soprattutto se la persona interessata è morta. Penso sia giusto ridare a questa persona dignità, e giustizia per i familiari.
Domanda :Quali fatti e circostanze non sono stati ancora chiariti ?
C. Scardella : non sono chiare le vere motivazioni del suo arresto, il perché di una così lunga e dura detenzioni. Così come non sono chiare le circostanze relative alla sua morte in carcere. E’ molto strana la telefonata, un giorno prima della sua morte, dal carcere verso l’ufficio istruzione; e poi vi è la questione metadone : in alcuni documenti si dice che era in terapia, altri riscontri dicono esattamente il contrario.
Domanda : Quali furono le circostanze, a partire dall’arresto di suo fratello, che ritiene siano perlomeno discutibili ?
C. Scardella :Arrivarono a mio fratello perché una fonte non
identificata dalla autorità giudiziaria lo avrebbe visto, due o tre giorni
prima del delitto, passare vicino al market( lui abitava a circa cento metri),
ma quando gli investigatori arrivarono a casa nostra non dissero le vere
motivazioni delle loro indagini, dissero che stavano cercando armi. Nel
rapporto che fece un ispettore si dice che “qualcuno lo portò in causa come
l’autore della rapina”, pur sapendo che la fonte faceva riferimento al qualche
giorno prima. Gli indizi che portarono al suo arresto erano veramente inesistenti : nei pressi di casa nostra trovarono un
passamontagna( presumibilmente usato dai banditi). Mio fratello non aveva un
alibi, e siccome i banditi scapparono in un mandorleto vicino alla nostra
abitazione, per gli investigatori era chiaro che mio fratello era implicato. La
prova del “guanto di paraffina” risultò negativa, così come risultò negativa la
“prova di annusamento” dei cani del reperto
passamontagna. Secondo il mi parere non vi erano
indizi, ma solo sospetti. Il Tribunale della libertà, valutando questi
elementi, non separatamente l’uno dall’altro ma unitariamente, li considerò “ rilevanti e concludenti”.
Inoltre, l’inchiesta venne formalizzata oltre il quarantesimo giorno
dall’inizio dell’iter previsto dalla legge, a questo punto doveva essere
scarcerato automaticamente per decorrenza dei termini, ma ciò non avvenne
perché, probabilmente, non essendo prevista nessuna sanzione per l’inosservanza
delle richiamate norme, non vi era pericolo di nullità ed inefficacia
dell’ordine di cattura. Il G. I. doveva obbligatoriamente interrogarlo, svolti
tre interrogatori ed una ricognizione, si dimenticò di mio fratello per ben
cinque mesi.
Domada : quali erano, dunque, le prove a supporto della inchiesta avviata ?
C. Scardella : La prova era che riconobbero Aldo ( soprattutto nella corporatura), ma questo venne a cadere in un provvedimento che emise il P.M., in pratica l’ordine di cattura era basato sul rapinatore che sparò per primo( riconosciuto nella corporatura di Aldo), ma la prova del “guanto di paraffina” risultò a favore di mio fratello. Il P.M., nonostante questo, dichiarò nel provvedimento che se pure il mio congiunto non aveva sparato poteva essere tra quelli che avevano partecipato alla rapina. Tale anomalia non fu valutata dal G.I. e dal Tribunale della Libertà. Si indagò solo su mio fratello, egli non era un pregiudicato, cioè non faceva parte della malavita. In questi ambienti, ben conosciti dagli inquirenti, non si indagò, le indagini si concentrarono solo su di lui.
Domanda : cosa ha fatto, e sta facendo, per ottenere, finalmente, giustizia ?
C. Scardella :Sto facendo di tutto, con vari esposti, questo per rivalutare la figura di mio fratello, ordinare e far chiarezza su tutta la situazione processuale, per dimostrare, nero su bianco, che mio fratello è stato “praticamente ammazzato”.
Domanda: mi può parlare delle condizioni detentive, e delle condizioni psico-fisiche di suo fratello, durante i circa sei mesi di isolamento?
C. Scardella: in quei sei mesi lo annullarono come uomo, lo indebolirono fisicamente e psichicamente; gli negarono tutti i diritti, come quello di comunicare con i familiari e poter avere regolari colloqui con i parenti e con il difensore. Non gli permettevano di farsi la barba e di tagliarsi i capelli, se non dopo molte richieste, né di appendere dei poster nella sua cella.
Domanda : cosa ha pensato, dopo molti anni dalla morte di suo fratello, quando ha saputo della condanna dei veri colpevoli ?
C. Scardella : C’è una verità processuale che dice che Aldo era innocente, completamente estraneo ai fatti, ma nessuno ha chiesto scusa.
Domanda : Chi può aiutarla, sedondo Lei, per fare definitivamente luce sulla vicenda ?
C. Scardella : Sulla vicenda può far luce la Magistratura ed il Ministero della Giustizia. Ma dopo un esposto fatto alla Procura di Roma ho ottento l’ennesima archiviazione.
Roberto Pinna 15/6/2005
L’intervistatore Roberto Pinna e l’intervistato Cristiano Scardella, secondo le vigenti norme di legge autorizzano la pubblicazione della presente intervista e l’uso dei dati personali.
Roberto Pinna Via Tolmino,22 09122 Cagliari Tel 070.270588
Cristiano Scardella Via Capula,
9 Cagliari Tel 3483010647
Un interessante articolo su "Il caso Dorigo Una piccola rivoluzione nei rapporti tra CEDU e ordinamento interno ? " del giurista A.Guazzarotti |