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17-9-2005

UN “PROGETTO MEMORIA” NELLA SOCIETA’ DEL FUTURO

Un kilometro di raggio, un cerchio di 3.140.000 m2 di area, pieno di prati e alberi, con poche collinette e cunette; sarebbe un posto ottimo per un campo da golf, ma l’arte odia i campi da golf, troppo borghesi e preparati, tutto già scritto.

Quindi non è un luogo per un campo da golf.

E’ verde, alberi, abbastanza pulito, ma non troppo.

Potrebbe essere in Costarica, o in Brasile, o in Bangladesh.

Ovunque.

Non vicino a grandi luoghi.

Senza fili elettrici.

Senza strade in cemento o asfalto.

Senza nulla che abbia a che fare con qualcosa che non c’era al tempo di Leonardo.

Non c’è illuminazione, se non sole e luna.

Una strada bianca, non larga, non ci possono passare le auto. E’ recintato da una specie di accordo tra gli esseri umani.

Ci contiene il passato pulito.

Una selezione.

Non ci sono cataloghi, critici, storici, commessi, ciceroni e portieri.

In tutto il mondo la gente vive e crea, ma siamo troppi.

Non c’è molto spazio per le scartoffie.

Però qualcuno si d da fare perché sulle reti informatiche ci siano standard di classificazione, per cui non ci sia fatica a trovare tutti i quadri di quel tal Rembrandt, senza fatica. Purtroppo i colori non sono quelli di quella volta. Per questo c’è questo posto.

Una selezione.

Nel mondo non ci sono più banche, macchine veloci, a chi servono ?

La parola ricco non esiste più, nessuno è più povero.

I nomi degli stati ci sono solo per facilitare gli scambi in realtà sono solo aree geografiche.

Non ci sono più guerre, né eserciti.

C’è questo luogo, per il passato.

Chi vuole ci può far visita.

Non c’è più il passato e il presente, non c’è più la memoria intesa come avanspettacolo del criterio dell’importante e del non importante.

C’è molto in reti di dati, ma è un passato che interessa  relativamente.

Adesso c’è un’umanità, non ci sono più classi, non più cognomi.

Non ci sono quasi più “razze”, né etnie.

Chi vuole, non si sposta, ma prima o poi si sposta pure lui.

Il problema è che ognuno ha dei bisogni minimi, personali, identitari.

Così è nata un’altra lotta di classe, al contrario, per avere la possibilità di usare certi materiali antichi, occorre organizzarsi, pressare stracci, trovare piante per fare inchiostro.

L’arte è irriducibile.

S’è perso il dato del tempo.

Calendari dopo calendari, non si sa più in che anno si sia.

C’era un tempo, in cui credevano che l’Umanità fosse iniziata con un rivoluzionario barbuto assassino e crocefisso, tal Cristo. Altri con un tal Maometto. Altri con un bambino pelato.

Ma in realtà non si sapeva bene ? No, si sapeva, ma erano convenzioni senza più alcun significato.

Insomma c’era questo posto.

Una selezione.

Ma difficilmente c’erano tutti i nomi di chi ci sarebbe oggi se questa selezione si facesse.

Dicono che la storia degli anni più antichi si faccia sulla mole di carte che si trovano di un tal cronachista. Dopo le guerre che son già iniziate, grazie ai denari e al petrolio e ai capitalisti, all’animo dei vili e dei violenti per natura, la situazione non sarà molto diversa da questa.

Si sarà salvato qualcosa. Qualcuno farà molta strada per portare qualcosa in questo luogo.

In realtà al centro di questo raggio di un kilometro in realtà c’è un altro spazio, per cui il raggio è la parte di raggio di una ciambella, ops, di un anello.

Al centro dell’anello, vi è questo spazio.

Non ci sono mattoni, pur belli.

Non c’è cemento.

Non c’è acciaio.

Neppure legno, quello è intorno, e speriamo che ce ne sia sempre.

C’è solo uno strano edificio, una specie di masso di cristallo, ma son vetri,

plexiglas, cristalli, tutto insieme. L’importante è che non entri più aria di quanta ne passa per due porte, e che non passi l’acqua. Umidità non ce n’è. Ah, il Bangladesh ora è più in alto, sui monti, e non è più umido di quanto non sia ora una collina appenninica.

C’è più acqua, e meno terra. Barche ce ne sono, ma non sono più fregiate da sponsor luccicanti, sono solo barche.

Ma torniamo al luogo, i muri non ci sono, solo pareti di vetro, solo spazio e luce. Dentro, vecchie opere, di varia natura. Sotto tutte, una piccola tastiera con un led alimentato solare, e in mille lingue, la spiegazione.

L’inglese non si vede molto, si son persi la lingua quando han perso tutta la grana.

Un’apocalisse ? No, quelli si son suicidati prima. Non per onore, ma per disfatta monetaria.

Uno può fare questo km di anello di spazio, e trovare sto posto. Può andare a pisciare nel prato, bersi dell’acqua a una fonte, e tornarsene.

Può anche restare per morire, se non ha senso alla vita, e fare come in certi film di Wim Wenders.

Per il resto, la vita nel comunismo è normale.

Tutti possono star bene, malattie in calo cronico, arte per tutti, sesso a piacimento, a volte basta un sorriso o uno sguardo, il problema non è quello. Le città han perso la voce, i confini si stan dissolvendo, c’è sempre qualche vecchia grana, ma nel complesso la storia non si può fermare.

C’era una classe, che la chiamavano operaia, la davano per morta, e ha distrutto lei tutte le classi.

Molte piccole opere sono dedicate a lei, in quello spazio. Poi, d’altro, per lo più paesaggi, e volti di bambini. Qualcuno scrisse un giorno che autoritratti e ritratti di noti personaggi non valeva la pena di metterli dentro lì, mentre i volti dei bambini sono eterni, come gli alberi, almeno per quanto concerne la nostra concepzione dell’eternità.

Altri volevano mettervici strani marchingegni di pazzoidi schizofrenici chiamati fisici e nucleari, ma ha prevalso l’orientamento che contribuirono ad allungare la vita alla barbarie, e a ridurre la felicità, per cui, né lì né altrove, non ce n’è spazio.

Ma per arrivare a quel giorno, la classe operaia (il proletariato) dovette faticare molto, per salvare la propria memoria, che sempre gli sciacalli del potere volevano, distruggere o comperare, con ogni mezzo.

Non ce la fecero, ma resero più arduo il cammino degli uomini e delle donne verso la felicità e la vera libertà.