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sezione scritti di Paolo Dorigo
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Sequestrato in
una copia, uscito normalmente in un’altra, per censura, 2001, Biella
Presentazione
del documento – giugno 2005
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Questo documento venne scritto in 4
parti tra l’estate e l’autunno del 2001, per alcuni motivi.
Innanzitutto (parte 4) per valorizzare
la lotta di massa rivoluzionaria delle giornate di Genova e cercare di
imprimere a quel movimento una svolta nel dibattito che ne era seguito, dando
delle indicazioni di ordine ideologico in senso dialettico-critico, maoiste.
Secondariamente, dopo la scoperta tenebrosa (agosto 2001) che un
carabiniere operativo per 7 anni e poi malavitoso, era tra noi, e che ciò era
al corrente di alcuni compagni, contenti di essere circondati di gente del
genere, che di ciò avrebbero dovuto avere orrore, e che non avevano detto nulla
di ciò all’arrivo di questo ed un altro merda, gennaio 2001, né a me, né ad un
altro vecchio compagno, e di ciò mi è testimone anche un detenuto islamico,
anch’esso vittima di repressione, ma diversa da quella della tortura attuata
contro di me, di cui iniziai ad avere sensazioni dubbiose e via via sempre più
marcate, sino al maggio 2002 quando iniziò il controllo mentale, più
semplicemente trasferito subito dopo l’11 settembre. Questa parte dello scritto
(capitolo 1) era di difesa della propria identità e di ribadire che quanto era
accaduto il 4 gennaio 1996 aveva carattere politico e conseguenza di errori
metodologici e di stile politico tra i prigionieri. Tuttavia ero già
sufficientemente sotto pressione da non capire che il modo migliore di
ribadirlo era non parlarne affatto, che tanto, tra la fine del 1995 e l’inizio
del 1996, il movimento comunista già sapeva la montatura che era stata creata
contro di me e quindi contro tutti i compagni prigionieri e tutto il movimento
comunista (cfr. opuscolo ASP, primavera
1995, che dopo anni riprendeva l’uso della pubblicazione dell’elenco dei
prigionieri, e il Foglio ASP, febbraio 1996).
Quindi vi era la questione delle
svolte avvenute negli ultimi anni, degli atti repressivi, e delle linee
politiche che ne erano scaturite. Quella dell’uso disinvolto della Cpcfnpci
rispetto al documento delle riorganizzate Brpcc di rivendicazione di D’Antona
(opuscolo “Martin Lutero”) e della proposta di presentarsi alle elezioni
mettendo in lista dei prigionieri rivoluzionari, cosa che mi schoccò perché era
chiaramente negativa e mi impediva di portare a fondo un dibattito critico
guardando anche al npci in costruzione come ad una forza orientata in termini
rivoluzionari, ed è da allora e per questo che definisco neo-revisioniste certe
posizioni, che guardano più al pci di massa, nazional-revisionista di
Togliatti-Longo e alla impostazione ad esso simile del Pcmli (servire il
popolo) e di altri gruppi, che non a
quella del pcd’I di Gramsci con tutto il portato di analisi internazionalista
della IC (non a caso sciolta nel 1943, all’epoca della svolta di Salerno); non
ultimo, anzi, la goccia che aveva fatto perdere in me ogni speranza nella linea
autenticamente comunista della Cpcfnpci, la questione della Frazione ottobre
“del Pce( r )”, ossia in realtà di due espulsi che volevano agire ancora in
nome di quel partito comunsita autenticamente rivoluzionario, di Spagna,
giovandosi della legittimità datagli dalla Cpcfnpci; e questa era la parte più
lunga del documento, la 2°, forse anche troppo incentrata fideisticamente sulla
L.A., e di ciò la correzione che ho apportato nel mio percorso con il documento
del maggio-ottobre 2004, non toglie nulla a queste critiche.
Infine un altro capitolo, il 3°, era
riferito ad alcuni aspetti del lavoro dell’ASP ed alla delusione profonda e
danno politico della mancata pubblicazione ed adeguata circolazione (1998-1999
in particolare) delle traduzioni molto importanti, che all’epoca in Italia
quasi nessuno faceva, ancor meno di ora, che mandavo loro; cosa che comunque
era espressa in una critica propositiva e che trova riscontro in un documentato epistolario salvato alla
selvaggia represione statale di Opera nel 1999
(capitolo 3).
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