Della serie NERO SU BIANCO
Do you remember Associazione Giovani Artisti Veneti ?
17.6.2005
Fatua - Bevilacqua
Un ricordino
1990-1993
Dopo
la presidenza Toniato, c’è questo Favero, uno un po' all'antica, pescato nel
sottobosco cattolico, quindi si passa a un quasi decennio di questo estroverso
ricchissimo Barbero, torinese e ben intrallazzato, che aveva in realtà ben
operato per cancellare il nostro spirito di rilancio e LAVORO artistico che era
fondante all’AGAV. Era il centro aggregativo di alcuni sui amichetti artisti
post-post-post d’eccezione, il nostro studioso scriveva pezzi incredibilmente
arguti, ma non amava la pittura, solo il post-moderno e l'antico. In realtà il
problema per costoro era che siccome tutti sapevano che se qualcuno iniziava a
smuovere il tanfo attorno all'arte veneziana, c'era da soffrire per chi aveva
posizioni già date, allora non potevano non esserci, dentro questa AGAV, pena
il trovarsi fuori da lotte per spazi ed altro. All’epoca questo giro di élitari
simpatizzanti dell'alta borghesia, si associò all’AGAV sia per difendere
gli studi che avevano sia per far finta di essere interessati a che le cose si
ampliassero, ma la maschera la gettarono proprio con la delega che demmo loro.
Io forse sbagliai a non accettare di mettermi in lista per il collegio
giudicante, e ad insistere per una lista a 4 nomi fissa, ma non ero certo in
vena, nell’anno della Bosnia, per salamelecchi istituzionali. Ergo la
situazione si volse al rimanere una decina su sessanta e quindi a sciogliersi.
All’epoca
era facile in effetti destabilizzare Favero fu un gioco da ragazzi. Ma non fu
una vigliaccata, serviva per evidenziare che il fare arte costa e che il primo
costo è lo spazio e che ai giovani volonterosi lo spazio spetta.
Il
De Martino non poteva capire, perché un po’ era interessato a certo mercato
(Scuola di grafica), un po’ storico di se stesso, un po’ giornalista, un po’
critico e un po’ tanto (censura).
Pizzinato
capì, perché fu l’unico dei vecchi a darci dei pezzi, a parte Ludovico Deluigi
per l’Expo, per le impegnatissime e controcorrente mostre “con l’intifadah”,
che in fin dei conti segnavano l’impossibilità di dialogo di un’istituzione che
negava uno spazio promesso SOLO perché una settimana prima era “scoppiata la guerra”
o meglio perché Bush sr. aveva invaso l’Irak.
Pizzinato
non amava solo Venezia, ma anche i giovani di talento e coraggio. Le due cose
vanno insieme, se non c’è talento non ci può essere il coraggio. Così, se uno
vale, non perora pregando, ma si fa avanti alla pari. Questo io facevo, ed ero
odiato da qualcuno per questo che, a torto, confondeva lo storico dell’arte
medievale mio padre, critico per amicizia d’un solo paio di scultori in vita,
per il mio sponsor nell’ambiente. Nulla di vero, anzi, era quasi un ostacolo.
La
cosa si vide definitivamente quando i ruffiani con De Martino alla scoletta di
San Tomà misero fuori la capa con il solito polpettone sul rilancio della
Bevilacqua, De Martino fece il suo libro stampato da De Michelis (Marsilio), e
tutto tornò a posto. L’Accademia fu di nuovo pacificata rispetto a questi
problemi e i nuovi giovani artisti stranieri e foresti in Fatua dovettero
tornare di nuovo a fornire idee e carne fresca ai mercenari della laguna.
In
fin dei conti i “nomi” importanti secondo Umberto Daniele all’epoca, erano dei
giovani molto élitari e con la puzza sotto il naso, se la tiravano tantissimo,
e avevano 25-35 anni, ma questo non era
un problema, dal punto vista artistico, bensì di atteggiamento, uno è bello
quando dimostra l’età che ha, non quando asserisce la bontà della propria
opera, (una al semestre, per qualcuno di questi concettuali), ma quando la
cerca come necessità, poi qualcuno andava per la maggiore in Deutschland, e
allora pensava di essere avanguardia per l’opinione di qualche crucco, ecc.
ecc., adesso però mi sembra che, forse perché sono un po’ fuori, son spariti, o
comunque non famosi come Jeff Koons. Non è sparito, anzi, Tobia Ravà, che anche
se di ideologia certo diversa dalla mia, aderì all’AGAV onestamente, e che per
poter avere uno studio decente, che si sistemò, andò persino a Santa Marta !
Vedremo
se riesco a recuperare sta cassetta video (comunque dovrei avere ancora la
registrazione audio) di Rovereto febbraio 1993, che qualche mistero mi ha
cancellato proprio nei miei interventi e in quelli di Toni e del pubblico.
Comunque della precedente conferenza, c’è invece già tutto lo sbobinamento.
Basta che non me ne dimentico, come vorrebbero i miei torturatori.
Su
tutto il marciume, il flebile sibilo di Guy Debord ? Falsa eversione, ottima
ruffiana sistemazione per efebi scrittori che scoppiazzano e se la tirano
(altra versione del post-moderno).
La
pittura è irriducibile al merdismo. E di merdismo era pieno l’odio di chi
voleva l’EXPO a Fatua, EXPO che ancor oggi rimpiangono perché potevano
intingere il biscotto nei sorrisi ebeti di molti miliardari giapponesi e
yankee, più numerosi di quelli dalle cui labbra pende la loro sopravvivenza
miserabile non già di artisti ma di mercenari.